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Secondo Wood Mackenzie consapevolezza dei consumatori sulle emissioni di carbonio dalla produzione di metalli per la transizione energetica finirà per stimolare l’industria del riciclaggio e incoraggiare la ricerca di sostituti che potrebbero rovinare la festa alle grande società produttive.

Si stima che 360 milioni di tonnellate di alluminio, 90 milioni di tonnellate di rame e 30 milioni di tonnellate di nichel saranno necessari nei prossimi 20 anni in uno scenario che limiti il riscaldamento globale a meno di 2˚C.

L’alluminio, il rame e il nichel sono materiali chiave per i veicoli elettrici, le cui vendite sono destinate ad aumentare nei prossimi anni.

Ci sono molte nuove tecnologie come l’idrogeno e l’immagazzinamento di energia con i polimeri che potrebbero cambiare drasticamente il panorama dell’energia pulita.

Produrre una tonnellata di alluminio da zero comporta una media di 17 tonnellate di emissioni di carbonio rispetto alle 0,6 tonnellate emesse dall’alluminio secondario o riciclato.

L’estrazione del rame emette 2,3-2,5 tonnellate di carbonio per tonnellata di metallo, mentre la fusione aggiunge altre 1,65 tonnellate rispetto a un massimo di 1,5 tonnellate per il metallo riciclato.

Un precedente per la consapevolezza dei problemi derivanti dall’estrazione e dalla produzione dei metalli è la plastica fatta con combustibili fossili, che negli ultimi 10 anni ha spinto i consumatori a guardare al riciclaggio e alla sostituzione.

Il consumo di metalli potrebbe anche essere ridotto, per esempio, passando alla proprietà di veicoli in comune piuttosto che individuale.

L’era della consapevolezza del consumo potrebbe essere il prossimo capitolo del risveglio della società – e sarebbe senza dubbio scomodo per coloro che scommettono sulla domanda illimitata di metalli.

Gli esempi di minatori che hanno anche operazioni di riciclaggio sono pochi. Uno è il produttore di alluminio Norsk Hydro, che ha operazioni di riciclaggio che hanno contribuito 1,4 miliardi di corone norvegesi al suo EBITDA l’anno scorso.