I prezzi del rame sono in fase di storno oggi a Londra a causa del rafforzamento del dollaro e dei segnali di un mancato taglio dei tassi statunitensi a marzo, anche se l’offerta più contenuta e i dati positivi della Cina, principale consumatore, hanno fornito un certo sostegno.
Il rame è salito nella seconda metà di gennaio e ha persino toccato il suo massimo mensile mercoledì a 8.704,5 dollari/ton prima di ritracciare nell’ipotesi di un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve statunitense già a marzo.
Questo commento ha portato a un rafforzamento del dollaro, che rende i metalli quotati in dollari più costosi per gli acquirenti che utilizzano altre valute, e a un peggioramento delle prospettive per le materie prime che dipendono dalla crescita.
Tuttavia, secondo lo l’ufficio studi di Commodity Evolution è probabile che il rame, utilizzato per l’energia e l’edilizia, trovi rapidamente una base di prezzo, poiché i crescenti investimenti nella rete elettrica in Cina contribuiscono a compensare il fiacco settore immobiliare del paese.
È probabile che il sell-off sia di breve durata in quanto la tendenza potrà essere impostato al rialzo per i prossimi due mesi. Un’indagine del settore privato ha mostrato che l’attività delle fabbriche cinesi si è espansa a gennaio e i nuovi ordini di esportazione hanno registrato il primo aumento da giugno.
Infatti, in questo contesto, l’attuale canale rialzista potrà supportare i prezzi per i prossimi 2 mesi, con target ipotizzabili intorno a quota 8.900 $/ton – 9.000 $/ton.
Sul fronte dell’offerta, l’inflazione ha colpito le società minerarie nel 2023, aumentando i costi fino al 40% e inducendo alcuni produttori a tagliare la produzione o a sospendere nuovi progetti. Questi tagli contribuiranno anche a fornire una base per i prezzi dei metalli.
Come riportato stamane in questo articolo la società mineraria Glencore ha dichiarato una minore produzione di rame e nichel nel 2023 e ha segnalato un ulteriore calo della produzione quest’anno.