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L’amministratore delegato di Rio Tinto Jakob Stausholm ha incontrato questa settimana il primo ministro della Mongolia Luvsannamsrain Oyun-Erdene, con l’obiettivo di risolvere i problemi che ancora minacciano il futuro della vasta miniera di rame e oro di Oyu Tolgoi.

L’espansione in corso del progetto nel deserto del Gobi è stata afflitta da ritardi e sovraccosti, che hanno scatenato la rabbia del governo mongolo al punto da minacciare di revocare l’accordo di investimento del 2009, che sta alla base dello sviluppo della miniera.

Le relazioni tra Rio Tinto e la nazione dell’Asia centrale hanno toccato un nuovo minimo in agosto, quando una revisione indipendente ha respinto la spiegazione del gigante minerario per i ritardi del progetto e i costi in salita.

La posizione della Mongolia è che Rio dovrebbe coprire i costi in eccesso, mentre i debiti maturati sulla quota di Ulaanbaatar del progetto (34%) dovrebbero essere completamente rimossi.

Rio è pronta a fare concessioni al governo mongolo per completare il tormentato progetto, compresa la riduzione dei tassi di interesse sui prestiti alla nazione per finanziare la sua parte dei costi di costruzione.

Una stima definitiva per lo sviluppo del nuovo livello della miniera, annunciata nel dicembre 2020, ha fissato il costo della sezione sotterranea di Oyu Tolgoi a 6,75 miliardi di dollari, circa 1,4 miliardi di dollari in più rispetto alla stima originale del 2015.

La prima produzione, inizialmente prevista per la fine del 2020, è stata riprogrammata per l’ottobre 2022, e Rio ha dato la colpa alle condizioni geologiche sfavorevoli come causa principale della revisione dei costi e dei tempi. Il rapporto indipendente pubblicato in agosto ha suggerito che è stato piuttosto causato dalla cattiva gestione del minatore.

I regolatori finanziari nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno dato il via alle loro indagini sulle rivelazioni di Rio sui ritardi e sui costi gonfiati, che hanno raggiunto un nuovo massimo due mesi dopo.